REGGIO EMILIA – “E’ come se i nostri ragazzi fossero stati uccisi un’altra volta”. Così lo sfogo di Anjeza Hyseni, la madre di Shane, di Resat e di Rejana morti rispettivamente a 22, 11 e 8 anni. E poi nonna di Mattias, il figlio di Shane, che di anni ne aveva meno di due. Sono le quattro vittime che si trovavano a bordo della Fiat Stilo finita a sbattere a folle velocità contro una casa disabitata, sulla via Emilia a Gaida, lo scorso 30 ottobre. Per il conducente Orjol Lame, unico superstite, erano stati chiesti i domiciliari, motivati dal pericolo di fuga. Una domanda presentata dal pm Marco Marano, che aveva ravvisato perlomeno la necessità del divieto di espatrio.
Richieste di misure cautelari rifiutate dal giudice per le indagini preliminari, e in seconda istanza dal Tribunale del riesame, sulla base delle condizioni di salute dell’uomo, indagato per omicidio stradale plurimo aggravato. Orjol Lame al momento può muoversi praticamente solo in carrozzina, inoltre ha problemi neurologici che gli impediscono quasi di esprimersi. Sono state infatti pesanti per lui le conseguenze dello schianto. E’ stato in coma per quasi due mesi, successivamente dal Santa Maria Nuova, il trasferimento a Correggio, nel reparto post traumatici. Le dimissioni da quest’ultimo ospedale risalgono al 20 febbraio, quando sono andati i famigliari a prenderlo. Gli stessi famigliari che nei giorni scorsi l’hanno portato con loro in Albania, dove il pregiudicato resta indagato a piede libero. In Albania, a Durazzo, si trovano anche i famigliari delle vittime dell’incidente, rientrati nel loro Paese d’origine dopo i funerali. Lame era risultato positivo agli esami tossicologici. Si era messo alla guida sotto l’effetto di alcol e cocaina. Non avrebbe dovuto trovarsi in Italia, in quanto raggiunto da un decreto di espulsione in seguito a una condanna per droga.
“L’assassino dei miei bambini è libero come l’aria ed è subito tornato in Albania. Signori Giudici, la vostra decisione ci ha spezzato il cuore: è come se i nostri ragazzi fossero stati uccisi un’altra volta”, dice Anjeza Hyseni nella lettera aperta affidata a Studio3A, la società a cui si è affidata assieme al marito per ottenere giustizia. Entro la fine del mese, verrà consegnato la perizia riguardante le condizioni fisiche e psichiche del 32enne. L’esito dovrà dare indicazioni sulle sue capacità di partecipare a un processo che rischia di non aprirsi qualora fosse ritenuto non imputabile.











